Neffa coltivava da anni il desiderio di realizzare un disco in napoletano per rendere omaggio alle sue origini. Lui è infatti di sangue campano, mamma di Scafati, babbo di Napoli, cresciuto a
Bologna. “Da piccolo mi davano del terrone o del marocchino e non capivo, ma quando ho scoperto la potenza artistica delle mie origini, non ce n’e’ stato piu’ per nessuno”.
Così, a sei anni dall’ultimo album, il desiderio è diventato realtà e il due aprile esce “AmarAmmore” (Numero Uno), anticipato dal singolo “Aggio Perzo ‘O Suonno” con Coez e produzione di TY1. “Napoli e’
sempre stato qualcosa di incompiuto: fa parte di me, ma io non ne ho mai fatto davvero parte. Questo e’ un modo per chiudere un cerchio”, aggiunge Neffa spiegando che il lungo silenzio discografico non è stato casuale. “Nel 2017 avevo un disco pronto, quando lo feci ascoltare non convinse e mi fu chiesto di trasformarlo in un album con ospiti. A quel punto rinunciai e segui’ un periodo in cui ho scritto poco. Il pensiero di non fare piu’ un disco non mi atterriva, ma guardavo con curiosità, consapevole che la musica era sempre in me, anche se sotto altre forme”. La svolta è arrivata un anno e mezzo fa. “E’ come se fossi stato travolto da un’onda: in due mesi, tra fine 2019 e inizio 2020, pre-pandemia, ho scritto una trentina di
canzoni. Venivano fuori come lava colante, pezzi della mia anima che prendevano forma. Anche per questo ho voluto che la copertina del disco fosse un disegno di mio padre. E se all’inizio pensavo di giocare con il napoletano, ad un certo punto e’ come se il napoletano mi avesse detto: ora gioco io con te. Mi sono lasciato circondare dalla temperatura emozionale che trasmette la melodia napoletana”.
La seconda fase ha preso forma dopo il lockdown, “perchè mi sono fermato, non riuscivo a concepire la musica come salvifica. Per me è amore e se il mondo non sta sufficientemente bene, non puo’ tradursi come tale”.
“AmarAmmore” è un disco tutto cantato nella lingua napoletana che prende il via dalle influenze di Renato Carosone, passa per gli ascolti di Roberto Murolo e Pino Daniele e arriva fino alla musica rap e trap di oggi. Con la consapevolezza che lingue e dialetti si evolvono e che il classico puo’ essere riletto con il moderno. “In fondo la musica napoletana e’ sempre stata una fusione: a partire dal Cinquecento, quando la classica si fondava con la popolare, o con Carosone che prendeva lo swing e Daniele con il blues: Napoli prende questi generi e gli da’ il suo marchio. La sfida è essere compenetrato da questo marchio”, sottolinea.
Aggiunge ancora Neffa: “Nel tempo si e’ creata la falsa idea che io schifi il rap e il mio passato. Non e’ affatto cosi’, mi ha regalato tanto e quello che sono oggi, lo sono anche grazie a quelle esperienze. Come tutto quello che succede nella vita, anche gli errori. Mi sono allontanato dal rap per fare altro, è un ritmo che mi piace ancora anche se non mi ritrovo tanto con i testi: quando lo facevo io le parole avevano un peso diverso”.
Anche per questo nel nuovo disco ha chiamato a collaborare solo rapper: oltre Coez (l’unico non campano, se non di nascita), ci sono Livio Cori e Rocco Hunt. “E’ stato naturale, il rap ce l’ho sempre lì. Ho piu’ di 50 anni, ma evidentemente dentro c’è uno che fa musica più giovane – scherza Neffa -. L’importante è essere sempre fuori tempo”.
Angela Tangorra