In Italia aumentano i decessi e cala l’aspettativa di vita. Nel 2020 i morti sono stati 746 mila, il 18% in più di quelli rilevati nel 2019. Lo rivela l’Istat nel suo report sugli indicatori demografici. A influire, ovviamente, anche il Covid che ha avuto effetti su tutte le componenti del ricambio demografico, facendo registrare una “dinamica naturale (nascite-decessi)” negativa nella misura di 342mila unità. La speranza di vita cala a 82 anni, con un crollo di 14 mesi, con punte addirittura di 2 anni e mezzo in Lombardia. Le regioni del Centro-sud registrano perdite inferiori, poiché meno colpite (nella prima fase) dagli effetti della pandemia ma comunque importanti. In Abruzzo, Puglia e Campania, la riduzione di sopravvivenza per gli uomini è di oltre un anno rispetto al 2019.
Al 1 gennaio 2021 i residenti in Italia ammontano a 59 milioni e 259 mila, -384 mila rispetto all’anno precedente. Con l’eccezione del Trentino-Alto Adige, dove si registra una variazione annuale della popolazione pari a +0,4 per mille, tutte le regioni italiane sono interessate da un decremento demografico. Come si legge nel report dell’Istat sugli indicatori demografici del 2020, il fenomeno colpisce maggiormente il Mezzogiorno (-7 per mille) rispetto al Centro (-6,4) e al Nord (-6,1). Molise (-13,2) e Basilicata (-10,3) sono le regioni più colpite. Un effetto provocato anche dal crollo delle nascite, mai così poche: 404mila, cioè 7 ogni mille abitanti (1,24 figli per donna). Il 30% in meno rispetto a 12 anni fa. Solo in 11 province c’è stato un incremento. Fra queste c’è Brindisi. Critica la situazione in Abruzzo, Molise e Basilicata, dove il tasso di natalità è di poco superiore a 1 figlio per ogni donna.
Mauro Denigris