Bolivia, la protesta di migliaia di coltivatori contro il piano “coca zero” nelle aree protette

La Redazione

La Bolivia, nel 2023, ha eradicato oltre 10.300 ettari di coltivazioni di foglie di coca non consentite, superando l’obiettivo fissato, e nel nuovo anno si concentrerà sul piano “coca zero” nelle aree protette. Il ministro dell’Interno, Eduardo del Castillo, ha spiegato che i risultati sono superiori del 12% rispetto a quelli del 2019, del 372% superiori a quelli del 2020, del 9% superiori a quelli del 2021 e dello 0,4% superiori a quelli del 2022. 

Per questo migliaia di persone hanno sfilato ieri nelle piazze della Bolivia per celebrare la Giornata dell’Acullico, come viene chiamato l’atto del masticare foglie di coca. La pianta, considerata sacra dagli indigeni, negli anni è diventata la materia prima della cocaina. All’evento principale, svoltosi a La Paz, è intervenuto anche il presidente Luis Arce. Circondato da coltivatori di coca (i cosiddetti ‘cocaleros’), il capo di Stato progressista ha rilanciato la campagna internazionale perché la pianta non sia vista solo come una sostanza illegale.
Arce ha promesso in particolare di intensificare il suo uso in medicina e nella produzione di bevande, gomme da masticare, saponi e altri prodotti. Anche l’ex presidente Evo Morales, al governo dal 2006 al 2019, chiese la depenalizzazione della coca davanti all’Onu, ma la sua proposta venne respinta nel 2011.

Intanto l’omicidio di cinque soldati delle forze speciali contro il contrabbando di droga che pattugliavano la frontiera ha scosso il Paese aprendo anche qui un dibattito sulla violenza e la presenza crescente della criminalità organizzata come accade in Ecuador. L’episodio è avvenuto all’inizio della settimana ed era stato classificato inizialmente come un possibile incidente stradale.
Nelle ultime ore è emerso, invece, in base alle indagini delle autorità, che la jeep che trasportava la pattuglia ha subito
un’imboscata mentre stava inseguendo un veicolo che trasportava presumibilmente sostanze illegali e che i cinque soldati sono stati disarmati e dati alle fiamme con benzina.
Secondo l’opposizione al governo progressista di Luis Arce, la Bolivia – terzo produttore di cocaina della regione dopo
Colombia e Perù – presenta vulnerabilità economiche, sociali e istituzionali simili a quelle dell’Ecuador, e l’esecutivo non
adotta le misure necessarie per impedire al crimine organizzato di infiltrarsi nelle istituzioni pubbliche.
Secondo il governo invece la situazione boliviana è lungi dall’essere simile a quella di Quito, poiché le grandi mafie
internazionali non sono presenti nel Paese. Eppure le autorità riconoscono che nel Paese ormai non si produce più solo la “pasta base” della droga, ma anche il cloridrato o la cocaina raffinata e si teme che questo significhi che i grandi cartelli della droga siano già presenti.
Di recente il governo ha effettuato uno dei più grandi sequestri di droga della sua storia intercettando 8,7 tonnellate
di cocaina che viaggiavano verso il Cile per essere trasferite da lì ai Paesi Bassi.

Stefania Losito

Fonte Radio Norba

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