Edu-care
Guardate questa foto, guardiamola bene! Potrebbe sembrare una “banale” foto scattata in un luogo pubblico di culto. In realtà, a mio avviso, non lo è!
Proviamo a pensare a cosa si percepisce, argomento ai più oramai in disuso vista la refrattaria abitudine al virtuale. Ve la provo a descrivere io, provando a creare un fil rouge sinestetico.
Ambiente confortevole, intendo di pace; profumo di incenso ad inebriare narici e spirito; freschezza, sì, percepibile con i gesti dei due protagonisti (un papà e suo figlio in ginocchio davanti all’altare del Cristo ndr.) ma la cosa che colpisce la passione sensoriale più profonda è quel senso, quel valore implicito soggiacente alla foto: educare, che ho voluto declinare nella forma edu-care dove “care” può essere letto e tradotto in lingua anglosassone e cioè “salute, cura”.
In effetti, a dirla tutta, questa immagine raccontata attraverso una foto istantanea fatta con un cellulare, descrive due macro assunti importantissimi per tutti:
1. Educare;
2. Cura.
E dunque educare alla cura, alla salute non soltanto fisica, ma dello spirito! Come se quel genitore stesse dando un esempio di vita, eticamente parlando, a suo figlio e quel genitore potremmo essere anche noi per i nostri figli, per chi abbiamo accanto e per noi stessi!
Ritornando all’inizio, il presente quello della modernità, talvolta dissennata e virtualizzata, è la cartina al tornasole di quello che poco accade o si vede: un genitore che insieme a suo figlio pregano in ginocchio al posto di farsi selfie o chattare o badare continuativamente ai social e così via (non si vuole demonizzare nulla, sia chiaro).
Volendo fare un’analisi semiotica mi vien da pensare: “Il piccolo si inginocchia; il grande è al suo fianco, assiologicamente Dio è al suo fianco.
Penso che questa foto renda l’idea di come dovremmo tradurre meglio la nostra vita e le nostre relazioni a partire da sentire vicino Dio e non sentirci Dio. Abbiamo bisogno di cura, abbiamo bisogno di Edu-care.
Stefano Patimo